Aspetti paesaggistici e naturalistici del Vallone Profondo
Nonostante l’esigua estensione del territorio, Lampedusa offre una vasta gamma di opportunità alla curiosità del visitatore che voglia andare oltre l’offerta turistica usuale fatta di mare, spiagge, shopping e ristoranti.
Esistono percorsi archeologici, storici, paesaggistici e naturalistici di primaria importanza. Uno di questi, forse il più selvaggio e impressionante dal punto di vista paesaggistico e panoramico, è localizzato a Ovest, nella parte più estrema dell’isola. La zona è soggetta a una tutela del Ministero dell’Ambiente, ZSC (zona speciale di conservazione) e ad una della Regione Sicilia, ZPS (zona speciale di protezione), perché ospita piante e animali rarissimi, nonché alcuni endemismi vegetali e animali (gasteropodi).
Si parte dai pressi di Casa Teresa, un antico dammuso, ora piccolo museo della cultura agricola; si entra, quindi, in una pineta all’interno della quale si snoda un gradevole sentiero ombroso dove si avrà un primo approccio con la flora locale. Oltre questo tratto ombreggiato e verde inizia il percorso in discesa che ci condurrà al primo dei due valloni da visitare. Man mano che si scende balza sempre più agli occhi la marcata differenza tra la parte destra e sinistra del sentiero, la prima fatta di rocce bianco-grigie disposte a strati orizzontali di varia consistenza e colore da cui affiorano fossili di epoca Tortoniana (7/11 milioni di anni fa), mentre dal lato opposto la roccia ha un aspetto completamente diverso: ocra e rossastra, friabile, fortemente scavata e incisa dalle precipitazioni e dagli agenti atmosferici. Si tratta di sabbie africane trasportate dal vento in epoca quaternaria, e trasformate dal tempo in tenera arenaria, quasi incoerente.
Dopo qualche centinaio di metri il vallone si interrompe improvvisamente e si apre uno scenario inaspettato: il mare, limpidissimo, circa 60 metri più in basso, da un lato lo scoglio del Sacramento che si eleva per 48 metri sul livello del mare e dall’altro un’imponente parete rocciosa semicircolare, fatta di strati variegati perfettamente orizzontali. Negli anfratti di queste rocce, durante i mesi estivi, nidifica il raro falco Eleonorae che ogni anno partendo dal Madagascar viene fin qui a deporre le uova e ad allevare i suoi pulcini. Salendo sul ripido costone roccioso sulla sinistra del vallone, si raggiunge il culmine della scogliera e poco dopo, costeggiando la stessa, appare sotto di noi lo scoglio del Sacramento con il suo profilo piramidale.
Sempre lungo la scogliera, la vista spazia sul mare a perdita d’occhio senza incontrare ostacoli. L’unico profilo di terra è l’isola di Linosa verso nord est con i suoi antichi coni vulcanici e lontana quasi 50 km.
Lungo il percorso accidentato, ma sostanzialmente pianeggiante, vivono piante rare ed endemismi insulari di enorme valore botanico. Purtroppo queste piante uniche non sono visibili in tutte le stagioni, alcune compaiono in autunno e nei pochi mesi invernali compiono il loro ciclo vitale scomparendo già nella tarda primavera. Rimangono tuttavia visibili, insieme alle altre, le piante endemiche perenni. Lo stesso accade per alcuni gasteropodi terrestri, alcuni rari, altri unici poiché l’isolamento li ha trasformati, adattandoli all’ambiente estremo con cui sono costretti a confrontarsi fin da tempi remoti.
Improvvisamente, levato lo sguardo, si presenta davanti agli occhi lo spettacolo di Punta Parise o Vallone della Tramontana per il suo orientamento verso nord e conosciuto dai lampedusani anche come Vallone delle Corna.
Questo vallone in realtà rappresenta ciò che resta dell’enorme pilastro centrale che reggeva le volte di due gigantesche grotte semi-sommerse crollate in tempi remoti. Il crollo ha lasciato altissime pareti rocciose e verso est, una di queste si eleva dal mare per quasi cento metri. Il profondo emiciclo di roccia rimasta mette in evidenza gli strati calcarei orizzontali di quasi tutta la successione geologica Tortoniana. Circa a metà della parete una strana roccia candida, in equilibrio precario e di forma vagamente antropomorfa, ricorda la Vergine con il Bambino in braccio e per questo la cavità è conosciuta come la grotta “della Cattedrale” o “della Madonnina”.
Tutte le pareti rocciose di questa parte dell’isola, verticali e inviolabili, forniscono nei mesi estivi e autunnali, un valido riparo ai numerosi nidi del Falco Eleonorae.
Seguendo il bordo e attraversando lo stretto vallone si apre dalla parte opposta uno scenario di incomparabile bellezza: dritto davanti a noi la terza isola dell’arcipelago delle Pelagie, Lampione, lontana circa 17 km, sulla sinistra, Capo Ponente, l’estrema punta dell’isola e, ancora più a sinistra, gli oltre cento metri di stratificazioni rocciose che, come le pagine di un grande libro, contengono la storia geologica degli ultimi 11 milioni di anni di questa aspra, generosa e straordinaria terra.
Articolo di Fabio Giovanetti
Foto di Luca Siragusa
Tratto da l’IsolaBella Periodico – Anno XI – Inverno 2020
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